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Filoborbonica

Garibaldi a Palermo in una ricostruzione borbonica


Da Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da aprile 1860 a marzo 1861, Italia 1863, p. 131-133.


«DOMENICA 27 MAGGIO (Pentecoste).

Garibaldi entra in Palermo insorta, contro la quale e contro i garibaldini le regie truppe sostengono un vivo attacco, sono costrette tirare col cannone in varii punti della città divenuti fortilizii de' rivoltosi. - Tregua per curare i feriti, e seppellire i morti. [...].

1. All' alba, dopo uno scambio continuo di segnali nel corso della notte, tra la città e le montagne, prorompe la generale insurrezione dentro la città di Palermo, suonandovisi tutte le campane a stormo: la truppa ivi rimasta accorre, e dà pruove di valore, cominciando i primi attacchi con gli abitanti in rivolta nelle vie interne, ed al Ponte dell'Ammiragliato, e Ponte delle teste. Malgrado la viva resistenza delle reali milizie sostenute da qualche pezzo di artiglieria sul ponte della Guadagna fuori le mura, Garibaldi si avanza da Misilmeri e Gibilrosso, ed alle 5 di questa mattina con meno di mille, tra i quali Nullo, Damiani, Manin, Bozzi, Tranquillini, Zazio, Missori, Sirtori, Cairoli, Dezza, Gusmaroli, seguiti da tre in quattromila delle bande siciliane, sforzando la porta di Termini, entra in Palermo, e si ferma per poco a Mercato Vecchio, dov'è acclamato dalla gente; mentre dalla parte di S. Antonino, e della Flora (non ostante il fuoco violento del contiguo forte) Turr, ed altri capi garibaldini, bersagliati pure di fianco dall'artiglieria, e dalle truppe appostate a S. Antonino, si slanciano alla baionetta co' cacciatori delle alpi, e s'innoltrano ad afforzare la interna insurrezione (1). Gli esteri, ed i pacifici cittadini si rifugiano su le navi straniere nel porto. Gli avamposti comandati dal brigadiere Bartolo Marra si sostengono da prima, ma attaccati in mezzo a due fuochi sono costretti a ritirarsi. Il generale in capo per ben due volte gli manda ordini di difendere le posizioni fino agli estremi, e gl'invia pure un battaglione in rinforzo, richiamando in Palermo il battaglione dell'8 reggimento dal convento di Malverde. Marra, nel sentirsi ripetere gli ordini di resistere, arresta le truppe in ritirata, e si attacca di nuovo con gli assalitori; ma non riesce a farli indietreggiare. Ogni casa, ogni abituro diviene per gl'insorti una piazza d'armi per tirare a colpo sicuro su le regie truppe: mentre queste non possono sparare che contro le mura. Dalle finestre, e da' loggiati si fanno cadere su le truppe stesse mobili, tavole di marmo, e quante altre masserizie la rabbia rivoluzionaria, e il terrore impresso da' capi del movimento su gli abitanti, può suggerire: essi bruciano l'archivio del comandante della provincia e della piazza; e di altre pubbliche officine. I1 combattimento si prolunga al bastione Montalto, e la truppa si ritira sul largo S. Teresa. Il generale Landi aggredito con violenza alla gran guardia, si situa al largo Real Palazzo, dove si vanno concentrando tutte le altre truppe. A tener lontano il nemico si occupa la casa dell'Arcivescovo, e quelle di contro, e con una sezione di cannoni da campo si tira contro le barricate in costruzione alla strada Cassero. - I1 generale Letizia accorre al rione Ballerò, discaccia i rivoltosi, brucia le loro barricate, e le case in cui sonosi fortificati, e da dove tiravano su le truppe. In questo modo si prendono d'assalto il campanile del Duomo, la Badia de' sette Angeli, la Badia nuova, i palazzi Carini, e Cattolica, e vi si stabiliscono co' loro distaccamenti i capitani di stato maggiore Willamatt, e Bellucci. Alle 9 del mattino il forte comincia lentamente a lanciare qualche bomba, e poscia incalza. Alle 11 i rivoltosi attaccano con veemenza le truppe situate a Porta Macqueda, Giardino inglese , s. Francesco di Paola, e Villa Filippina: sono feriti il tenente colonnello Marulli, i maggiori Orlando, e d'Alessio del 9 reggimento, ed altri molti uffiziali, e soldati. Il maresciallo Cataldo, che comanda tali punti, riceve in rinforzo Landi con due compagnie, e li sostiene, meno l'ultimo punto, che è dominato dal bastione della Concezione occupato da' ribelli. Le reali truppe, attaccate dagl'insorti, si sostengono pure ne' conventi dell'Annunziata, de' Benedettini, nel bastione Montalto, e nel quartiere S. Giacomo. A mezzodì due reali legni dalla rada aprono pure il fuoco contro la città. Le truppe rimaste col colonnello Buonanno a Monreale, attaccate da forti masse, sono richiamate a Palermo. Alle 4 pomeridiane Cataldo non potendo reggere senza altri rinforzi , riceve ordine di ripiegare a Palazzo Reale; dalle cui riserve di viveri ricevono in questa sera la sussistenza tutte le truppe ivi concentrate , unite con le altre richiamate da' Quattroventi, non essendosi presentato l'appaltatore. Appena lasciati i Quattroventi, tutti i condannati a'ferri del bagno, e tutti carcerati della Vicarìa al numero di oltre duemila aprono le prigioni, e corrono ad aumentare le masse nemiche, le quali s'impossessano cosi de' 4 cannoni rimasti nelle caserme delle abbandonate prigioni : le misere famiglie de' militari ivi stanziate, per la via di mare, vanno a rifugiarsi nel forte di Castellammare. Fino a quasi mezzanotte continua il fuoco ad esser vivo da ambo le parti. - Il piano inferiore della città, meno il palazzo Finanze, e il forte Castellammare, è tutto in potere degl'insorti. - Bizzarro, e misterioso contrasto offre in questa sera la festosa illuminazione delle case per lo incipiente trionfo della rivoluzione, con la luce de' colpi di cannone, e di moschetteria, che di quando in quando rischiara le tenebre! Dal generale in capo si spediscono corrieri in varie direzioni per richiamare a Palermo la colonna Von-Mechel, il quale (come osserva un antico militare) (1): ,, se invece di ostinarsi a marciare con la più scelta truppa sopra Corleone, si fosse messo alle spalle di Garibaldi, siccome gli consigliava il maggiore Bosco, la vitale quistione della rivoluzione si sarebbe decisa a favore delle armi reali nel piano della Guadagna. ,, - Verso il tardi della notte il generale in capo fa segnalazione al generale di marina sig. Chretien di salire a bordo dal retro-ammiraglio inglese per indurlo a ricevere due generali napoletani inviati a trattare breve sospensione d'armi, onde seppellire i morti, e medicare i feriti, che già ascendono a 120 : in risposta si ha, che volontieri sarebbero ricevuti, purché Garibaldi dia loro il passaggio. Ma con costui il generale in capo dice in replica non poter trattare».

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