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FRANCESCO LANDI (Napoli, 13 ottobre 1792 - 2 febbraio 1861)

Dopo la rivolta di Palermo del 4 aprile 1860, mentre tentava di contrastare i movimenti dei ribelli, fu promosso con l'alto incarico di brigadiere generale. Questa scelta rientrava in un progetto più ampio, perché nel momento della crisi, il giovane neo-re Francesco II stava tentando, con numerosi avanzamenti di carriera, di cambiare tutti i vertici militari, politici e amministrativi del Regno, per crearsi una rete di consenso. Il 6 maggio 1860 - alla guida di una colonna formata da quattro compagnie di Fanteria, uno squadrone di Cacciatori a cavallo e quattro pezzi d'Artiglieria - il brigadiere diresse le operazioni per reprimere i fermenti rivoluzionari: scopo precipuo era quello di prevenire le rivolte, disarmando la popolazione dei paesi interni del palermitano, come Partinico e Alcamo. Da qui fu poi richiamato per muovere verso Calatafimi, dove si stavano dirigendo un battaglione di Cacciatori e uno di Fanteria pronti a mettersi ai suoi comandi per contrastare i Mille. Qualcosa però non funzionò nella macchina da guerra borbonica: il 15 maggio, mentre i volontari si mettevano in marcia da Salemi, Landi ricevette l'ordine da Palermo di ripiegare su Partinico, per concentrare le truppe vicino alla capitale. Il generale, ormai anziano - che seguiva le sue truppe - rimase confuso sul da farsi: era combattuto tra la paura di disobbedire agli ordini di un superiore e la necessità di difesa; scelse così una via di mezzo, sentendosi "isolato in un paese nemico": divise le forze e le sottoutilizzò nel campo di battaglia, e in breve fu costretto alla ritirata. Raggiunta Palermo, non fu eliminato dai vertici, anzi rimase per la difesa della città, che lasciò quando fu deciso lo sgombero delle truppe borboniche. A Napoli fu sottoposto con alti ufficiali dell' esercito ad una commissione di inchiesta borbonica che lo giudicò sulla sconfitta siciliana: nessuno di loro ebbe la colpa degli avvenimenti, che fu attribuita a circostanze eccezionali. A questo punto, Landi scelse il ritiro dall'esercito. Morì poco dopo, il 2 febbraio 1861.
La figura di Landi è stata svilita dalla propaganda di guerra dei liberali e successivamente dalla storiografia risorgimentale: da un lato, il racconto patinato dei Mille esagerò nella celebrazione dei vincitori, dipingendo con toni scuri i nemici, bollati come vili e inetti; d'altra parte, la storiografia borbonica, concentrata a spiegare la fine del regno con la tesi del tradimento, imputò ai singoli militari tutti gli errori, le defezioni e le collusioni.
Dopo la sua morte, a Napoli circolava la voce che il generale avesse tentato di scambiare una fede di credito del valore di 14.000 ducati (pari a lire 59.500 del 1861 che equivalgono a circa ¤ 263.575,20 euro) datagli da Garibaldi  in cambio del suo tradimento e, scoperto che si trattava di un falso, fosse morto di crepacuore. La notizia fu riportata dalla "Civiltà Cattolica" (clicca qui per vedere l'articolo) e in numerosi giornali stranieri dell'epoca, nonché dagli storici borbonici coevi (clicca qui per leggere la versione borbonica). Per salvare l'onore del padre, il figlio Michele, che era entrato a sua volta nell'esercito italiano, scrisse a Garibaldi, il quale smentì tutta la vicenda (clicca qui per vedere il documento).
Landi era figlio di Antonio e Raimonda Buonocore e apparteneva ad una famiglia di militari, di cui aveva seguito le orme, entrando nella prestigiosa Reale Accademia militare nel 1806. Fece carriera nell'esercito murattiano, partecipando alle vicende militari del tempo e seguendo con fedeltà le talvolta contrastanti decisioni politiche prese dal re di Napoli: fu sottotenente nella campagna di Sicilia; partecipò poi alla repressione del brigantaggio in Calabria; intervenne come tenente nel 1814 al blocco e assedio della cittadella di Ancona; infine, fu capitano nella campagna contro gli Austriaci, nella quale si distinse ottenendo la croce di cavaliere dell'Ordine delle Due Sicilie. Restaurato sul trono del nuovo Regno delle Due Sicilie, Ferdinando I gli confermò i gradi militari ottenuti durante la parentesi murattiana. Dopo l'esperienza costituzionale del 1820, tuttavia, fu sottoposto a scrutinio, e nonostante il suo buon servizio fu posto a riposo. Nel 1832 venne richiamato, come tanti altri ufficiali, da Ferdinando II, in attesa di destinazione, e ottenne il primo incarico nel 1837. Fu solo con il servizio prestato durante la rivoluzione del 1848-1849 che ebbe,  all'età di 53 anni, la promozione a Maggiore, alla quale seguirono quella di Tenente Colonnello e poi di Colonnello nel 1856.

C.S.

Principale bibliografia di riferimento:

- Boeri C.G. - Crociani P. - Fiorentino M., L'Esercito borbonico dal 1830 al 1861, I, Roma 1998, p. 40;
- Landi G., Carteggio della colonna mobile del generale L. da Palermo a Calatafimi (5-15 maggio 1860), in  Rassegna storica del Risorgimento, L (1963), pp. 529-544.
- Landi G., Il generale Francesco Landiun ufficiale napoletano dai tempi napoleonici al Risorgimento, in  Rassegna storica del Risorgimento,  XLVII (1960), pp. 162-202, 325-366;
- Selvaggi R., Nomi e volti di un esercito dimenticato. Gli ufficiali dell'Esercito napoletano del 1860-1861, Napoli 1990.