Venerdì, 19 aprile 2024
Il portale: ricerca
Home 
Home | I 150 anni dalla spedizione dei mille | Sicilia 150 | Vinti | Le battaglie | Battaglia di Palermo | Battaglia di Palermo 2

La battaglia di Palermo

2/2

I combattimenti proseguivano, serrati: il 29 maggio l'offensiva si dirigeva a piazza Palazzo, dove gli insorti riuscivano a conquistare la cattedrale ed il palazzo vescovile. Solo nel pomeriggio i napoletani riuscivano a dare vita ad una controffensiva in grado di riprendere le due posizioni, ma venivano precipitosamente bloccati da Garibaldi, che impediva loro qualsiasi ulteriore avanzata. Anche il tentativo compiuto da Lanza, che all'imbrunire di quello stesso giorno provava a penetrare nuovamente nel cuore della città, era destinato ad infrangersi in un fallimento. Nemmeno l'arrivo di rinforzi - 2 battaglioni di esteri che arrivavano da Napoli e riuscivano a portarsi al Palazzo - riusciva a capovolgere la situazione: erano le vettovaglie, e non certo gli uomini, a scarseggiare.

Barricate a Palermo, maggio 1860
Barricate a Palermo, maggio 1860

Sul fronte opposto, invece, il successo dei Mille era adesso travagliato dalla penuria di munizioni e dai primi segni di stanchezza delle squadre. In una situazione critica per entrambi gli schieramenti, alle prime ore del 30 maggio Lanza sceglieva di inviare a Garibaldi una richiesta di trattative diplomatiche, sotto la mediazione dell'ammiraglio Mundy: all'assenso del generale, i due eserciti disponevano l'immediata sospensione del fuoco e siglavano un armistizio, in vigore a partire da mezzogiorno di quello stesso giorno. Qualcuno, tuttavia, non era stato avvertito del nuovo corso degli eventi: si trattava del colonnello Von Mechel, che pochi minuti dopo lo scoccare delle 12 entrava in città, appena rientrato dalla sua incursione a Corleone, e si spingeva sino alla Fieravecchia, riprendendo i combattimenti. Il rischio era quello di rompere gli accordi appena presi: il colonnello svizzero - uno degli intrepidi del comando borbonico - rifiutava categoricamente di lasciare le posizioni che aveva conquistato. Solo l'intervento del Lanza riusciva, infine, a non far saltare l'intesa, rinnovando l'appuntamento con la parte avversa. Quel giorno, il porto di Palermo era teatro di una scena insolita: su un vascello napoletano, al cospetto del Mundy e di altri due generali borbonici, Lanza era pronto ad accogliere, con tutte le formalità imposte dalla circostanza, l'arrivo di Garibaldi, quel nemico a lungo disprezzato e sminuito, il condottiero deriso, confuso con un galeotto, con un delinquente della peggior risma, che adesso faceva tremare i comandi borbonici. Quel delinquente percorreva la scaletta della nave serio e impettito, forse un po' a disagio dentro l'uniforme da generale piemontese che mai avrebbe scambiato, potendo scegliere, con la blusa rossa e il basco floscio che usava per combattere. Le prime decisioni erano anche le più semplici: le due parti avverse si ritrovavano d'accordo sulla possibilità che i feriti raggiungessero le navi, e che i rifornimenti arrivassero in città. Solo alla proposta che la municipalità fosse messa in condizione di inoltrare a Francesco II una petizione per esprimere i bisogni della popolazione palermitana, la voce di Garibaldi tuonava imperiosa: «No! Il tempo delle umili petizioni è passato». Tutto quello che si poteva concedere era la firma di un armistizio fino alle 18 del giorno dopo, che veniva prontamente ratificato prima di sciogliere la riunione. Quella sera, a poche centinaia di metri di distanza, ciascuno dei due nemici aveva qualcuno a cui rendere conto. Per Garibaldi, non poteva che trattarsi del popolo, quel popolo per il quale trovava ogni giorno la spinta per continuare a combattere, anche quando la forza sembrava venire meno. Arringando la folla dal balcone di palazzo Pretorio, il generale annunciava: «Il nemico mi ha fatto ignominiose proposte, o popolo di Palermo, ed io, sapendoti pronto a farti seppellire sotto le rovine della città, le ho rifiutate».

Garibaldi acclamato dittatore della Sicilia in Palermo
Garibaldi acclamato dittatore della Sicilia in Palermo

Il grido di risposta che si levava dal basso: «Guerra! Guerra!» era la rassicurazione che gli serviva per sapere di aver agito per il meglio.
Lanza, dal canto suo, si affrettava a convocare un consiglio di guerra, durante il quale veniva stabilito che allo scadere della tregua si sarebbe dato vita ad un'azione a tenaglia dal Palazzo e dalla Fieravecchia. Tuttavia, una cronaca dettagliata della situazione in città, e dell'ardore degli insorti, bastava al luogotenente per tornare sulle sue decisioni: così, veniva chiesta una proroga di tre giorni dell'armistizio, che costava alle truppe borboniche anche la perdita del palazzo della Zecca, nei pressi del porto, passato in mano ai garibaldini col suo enorme carico di monete d'oro, che veniva utilizzato per pagare le squadre di picciotti, ormai allo stremo delle forze e pronti ad abiurare la causa. A quel punto, il generale Letizia e il colonnello Buonopane venivano spediti direttamente al cospetto del re per ricevere direttive più dettagliate. Ma la corte era troppo sconvolta dall'andamento delle operazioni militari, troppo incredula del successo di uno sparuto gruppo di volontari in camicia rossa: l'unica risposta che Napoli era in grado di fornire, così, era di dare ai generali di Palermo la facoltà di decidere autonomamente tempi, modi e opportunità della ripresa della lotta.

1860 - Barricate a Palermo
1860 - Barricate a Palermo

In questo modo, dopo un'ulteriore proroga della tregua, il 6 giugno i comandi borbonici decidevano di firmare la capitolazione finale, scegliendo di abbandonare la zona del Palazzo, ricevendo tuttavia gli onori militari, per poi imbarcarsi alla volta di Napoli.
La fuga iniziava il 7 giugno, ma ancora fino al 19 qualche soldato borbonico era in attesa di lasciare Palermo: l'indomani, finalmente, la città era del tutto libera, priva di qualsiasi retaggio della passata dominazione.

S.A.G.

Le "colpe" del Generale Lanza.


Principale bibliografia di riferimento:

- Acton H., Gli ultimi Borboni di Napoli(1825-1861), Martello-Giunti, Firenze 1962.
- Battaglini T., L'organizzazione militare del Regno delle Due Sicilie: da Carlo III all'impresa garibaldina, Società Tipografica Modenese ,Modena 1940.
- Boeri G., Crociani P., Fiorentino M., L'esercito borbonico dal 1830 al 1861, SME Ufficio Storico, Roma 1998.
- Buttà G., Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta. Memorie della rivoluzione dal 1860 al 186 1( 1ª edizione 1882), Bompiani, Milano 1985.
- De Cesare R., La fine di un Regno, Lapi, Città di Castello 1909.
- Pieri P., Storia militare del Risorgimento, Einaudi, Torino 1962.
- Zazo A., La politica estera del regno delle Due Sicilie, Tip. Ed. A. Miccoli, Napoli 1940.