Museo Archeologico Regionale di Gela - Area Archeologica Acropoli (Molino a Vento)
Indirizzo : Corso Vittorio Emanuele, 1 Provincia : Caltanissetta Comune : Gela Tel. : 0933 912626
Orari ingresso : Tutti i giorni dalle 9,00 a un'ora prima del tramonto, ultimo Lunedì del mese chiuso Biglietto unico cumulativo: Unico cumulativo (vedi allegato in pdf) Note: Biglietto unico con Museo Archeologico Regionale di Gela
Gela, una delle più grandi colonie greche di Sicilia, fu fondata nel 689 - 688 a.C. dai coloni greci provenienti da Rodi e da Creta, guidati rispettivamente dagli ecisti Antifemo ed Entimo. La città occupò il pianoro della collina, estesa in senso E-O, la cui estremità orientale, conosciuta oggi con il nome di Molino a Vento, divento sede dell'acropoli, con funzione prevalentemente sacra. L'area, marginata ad Est dal fiume Gela e ben difesa da pareti ripide sui lati orientale e meridionale, dominava il mar Mediterraneo: essa si estendeva per circa 400 metri verso Ovest terminando in corrispondenza della strozzatura del Vallone Pasqualello, al di là del quale erano poste le fornaci per la produzione della ceramica.
Il sito di Molino a Vento era già stato occupato in età preistorica, sia durante l'età del rame (IV millennio a.C.) sia durante l'età del bronzo antico (II millennio a.C.). Il ritrovamento di ceramica protocorinzia dell'ultimo quarto dell'VIII secolo a. C., al di sotto dei livelli di uso di età arcaica, attesta la presenza di un primo stanziamento di protocoloni al quale era stato dato il nome di Lindioi in ricordo di Lindos, città della madrepatria. Già dalla prima metà del VII secolo a. C., nell'area furono costruiti alcuni edifici, come ad esempio un sacello in antis, cioè privo di peristasi, (Tempio A), dedicato ad Athena Lindia, la dea protettrice della città, i cui resti furono poi inglobati nelle fondazioni di un secondo tempio (Tempio B), costruito nel corso del VI secolo, e dedicato ancora ad Athena. Di quest'ultimo edificio si conserva solo il basamento (m 35,22 x 17,25), con peristasi di 6 colonne sui lati corti e 12 su quelli lunghi; il suo il tetto era ornato da una ric-ca decorazione fittile i cui residui elementi sono oggi conservati nel Museo Archeologico di Siracusa. A Nord del tempio furono realizzati altri edifici con fondazioni in pietrame ed elevato in mat-toni crudi, a pianta rettangolare, orientati in senso Est-Ovest e decorati da fregi ed antefisse fittili dipinti.
Nel corso del VI secolo la zona fu cinta, sul lato settentrionale, da un muro in grossi blocchi squadrati, largo quasi due metri, il quale rimase in uso per lungo tempo.
Nella prima metà del V secolo a. C., sotto i Dinomenidi, signori della città, fu completato l'impianto urbano della città ed il progetto di monumentalizzazione dell'acropoli, sulla quale fu edificato, in sostituzione del precedente, un nuovo tempio (Tempio C) anche per celebrare la vittoria dei Greci sui Cartaginesi ad Himera (480 a. C.); l'edificio sacro, con peristasi di 6 x 12 colonne, fu ornato da elementi marmorei importati dalle Cicladi, decorati da motivi policromi. Anche gli altri edifici della zona furono sfarzosamente arricchiti da elementi architettonici, quali acroteri equestri ed antefisse fittili.
Dopo la grave sconfitta subita da Gela nel 405 a. C., ad opera dei Cartaginesi, l'acropoli fu occupata da quartieri artigianali ed alcuni degli edifici esistenti furono ricostruiti, cambiandone però la destinazione d'uso.
Il sito di Molino a Vento fu poi abbandonato intorno alla fine del IV secolo.
Antiquarium Iconografico e Mura Timoleontee di Capo Soprano
Gela, distrutta dai Cartaginesi nel 405 a. C., fu ricostruita nel IV secolo a. C.; i nuovi quartieri residenziali, organizzati secondo un preciso schema regolare, sorsero nella zona occidentale della collina, attualmente denominata Capo Soprano, la quale, in età arcaica e classica, era stata occupata da necropoli e sacelli. Furono edificati a quel tempo anche un impianto termale di "bagni pubbli-ci", una casa bottega ed una villa residenziale, sorta in una posizione panoramica sui pendii della colli-na digradanti verso il mare; tali complessi sono stati riportati alla luce durante gli scavi archeologici.
La città fu cinta da un poderoso muro di fortificazione, il quale rimane a tutt'oggi uno straordinario esempio di struttura a tecnica mista la cui costruzione richiese un grande impegno anche di natura economica. Il perimetro delle mura di cinta è stato ricostituito con l'au-silio delle foto aeree e con l'integrazione di alcuni tratti di muro affiorati nel corso degli scavi condotti in terreni di proprietà privata. Il tratto della fortificazione scoperto ha uno sviluppo lineare di m 3,60 ca., uno spessore di m 3 ed un'altezza media di m 3,20; esso è in ottimo stato di conservazione perché rimase sepolto sotto una spessa coltre di sabbia che lo protesse dalle spoliazioni avvenute in età medievale, come nel caso della sua porzione nord-occidentale.
Sul versante settentrionale della collina, nella località oggi chiamata Piano Notaro, le mura avevano uno sviluppo articolato e delineavano quasi una penisola stretta ed allungata, protesa sul territorio a controllo della piana sottostante e a protezione di una delle porte principali di accesso alla città sulla direttrice per Agrigento. L'estremità occidentale del muro si protende come un cuneo verso la campagna ed aggira poi il crinale della collina dal lato del mare impostandosi sulle pen-dici a strapiombo sul mare. Sul versante orientale il muro doveva procedere oltre il tratto alla luce e ricon-giungersi con la cinta di età arcaica, che fu anche ricalcata in età medievale. Risulta aggiunto, invece, in una fase successiva, il tratto di muro a contrafforti. La cortina muraria è costituita, inferiormente, da due paramenti di blocchi di cal-carenite di diverse dimensioni; la sopraelevazione è di mattoni crudi disposti a corsi regolari, perfettamente isodomi, legati da argilla e sabbia; l'emplekton era formato di pietrame e terra.
Le recenti indagini hanno consentito di considerare unitaria la struttura di sopraelevazione confermando però che la sua realizzazione è da riferire ad un affrettato intervento di completamento dell'intera opera, giustificabile solo in un momento di difficoltà militare.
La cinta muraria era accessibile da due ingressi: da una porta con arco ad ogiva, la quale fu tamponata poi con un muro di mattoni crudi; l'altro ingresso si trova ad 0vest ed è una porta del tipo dritta, con stipiti ad ante ed architrave; murato a più riprese con mattoni crudi, esso era difeso da due torri (F1, F2), alle quali se ne aggiunse una terza (E) probabilmente in concomitanza con gli eventi sopracitati.
Dopo la sua distruzione ad opera di Fintia, tiranno di Agrigento, Gela fu abbandonata ed il muro di fortificazione perse la sua funzione. Le sparute tracce di vita attestate sulla collina in epoca posteriore al 282 a. C. confermano che il sito fu spopolato, mentre parte della popolazione dovette trasferirsi in fattorie e casolari delle vicine campagne.
Il Castelluccio
Si tratta di un piccolo castello costruito nella seconda metà del XIII secolo, il Castelluccio è un piccolo castello in architettura Araba-Normanna, costruito nella sponda su uno spuntone roccioso a circa 7 Km a nord di Gela - Terranova.
La fortezza riutilizza, in particolare per la costruzione dei muri angolari e degli stipiti delle finestre blocchi prelevati dal muro greco di Caposoprano a pianta rettangolare con torri angolari, il Castello si avvale di geometrie semplici che esaltano lo sviluppo in altezza dell'edificio che, visibile da lontano domina la pianura e le vie di accesso alla città.