Il Museo è intimamente legato al sito dell'antica città a cui si accede dal Museo stesso.
Secondo Tucidide, a fondare Naxos, un anno prima di Siracusa, furono coloni inviati da Calcide in Eubea. Ma Ellanico di Mitilene afferma che la compagine coloniale era costituita da Calcidesi e Nassi dell'isola delle Cicladi; Eforo tramanda che insieme ai Calcidesi giunsero Dori e Ioni; Appiano riferisce che l'Archegétes "è una statua di Apollo che posero come prima cosa quelli dei Nassi che emigrarono in Sicilia".
Il sito.
L'antico abitato di Naxos occupa la piattaforma lavica della penisoletta di Schisò e i terreni subito a nord di questa, per una superficie complessiva di 40 ettari. E' delimitata a sud-est dal torrente Santa Venera e a nord-est dalla baia. Questa vasta insenatura, compresa tra Capo Taormina e Capo Schisò, fu scalo naturale per le navi sospinte dalle correnti da Capo Spartivento o da Capo dell'Armi in Calabria: le prime navi greche seguirono questa rotta , che in linea d'area non supera i 40 chilometri. E a questo proposito Eforo racconta che la nave di Teocle, ecista della colonia di Naxos, sarebbe stata trascinata in Sicilia dai venti.
Prima colonia greca di Sicilia.
I numerosi racconti sulla fondazione di Naxos sono concordi nell'affermare che essa fu la prima colonia ad essere fondata in Sicilia. A capo della spedizione coloniale era Teocle di Calcide, che dopo sei anni sarebbe da Naxos ripartito con un nucleo di coloni per fondare Lentini prima (128 a.C.) e Catania poi (727 a.C.), città che presto divennero più prospere di quella di partenza. Tali fatti indicano il ruolo di primo piano giocato da Naxos nella fase iniziale della colonizzazione euboira dell'Isola.
L'abitato arcaico.
Il primo stanziamento coloniale è circoscritto ai terreni della penisola contornanti la baia. La sua superficie non dovette superare i dieci ettari, come indicano la distribuzione della ceramica più antica e l'ubicazione dell'unica abitazione di fine VIII secolo a.C. sinora scoperta. Ma già nel corso del VII secolo a.C. l'abitato occupa quella che sarà la superficie della città di V secolo a.C. Il coesistere di diversi orientamenti è la caratteristica saliente di questo primo impianto quasi fosse il risultato della fusione di agglomerati o villaggi distinti e vicini. Contrariamente a quanto avverrà nella successiva sistemazione urbana, di età classica, in questa rivestono maggiore importanza le strade nord-sud di collegamento tra costa ed entroterra. Di questa fase, oltre a talune arterie stradali, sono in luce alcune case e numerosi edifici sacri. Alla fine del VI sec. a.C. la città viene circondata da mura che resisteranno all'attacco di Ippocrate di Gela (492 a.C.) e saranno rispettate dal successivo impianto urbano.
L'architettura sacra. Conosce a Naxos un notevole sviluppo in periodo arcaico. La qualità e la varietà dei rivestimenti e la loro eccellente qualità delinearono, soprattutto nella prima metà del VI secolo a.C., un'architettura ricca di sperimentazioni e aperta agli influssi dell'Italia meridionale e della Grecia propria. Gli edifici sono semplici, privi del colonnato esterno e con alzato in mattoni crudi su zoccolo litico in tecnica poligonale. Di dimensione modeste, a pianta rettangolare hanno il bordo del tetto con lastre fittili dalla decorazione policroma. Terrecotte plastiche figurate ne accrescevano, poi, la monumentalità; statue di sfingi venivano issate agli angoli del tetto (acrotéri) e maschere gorgoniche decoravano talvolta lo spazio del timpano o più spesso costituivano la terminazione del corpo maestro.
A partire dalla metà del VI secolo a.C. si afferma una decorazione, costituita sui lati lunghi da antefisse solitamente plastiche, ma anche con configurazioni dipinte. Le antefisse a maschera silenica sono le più diffuse e sopravvivono con tipi diversi sino alla metà del V secolo a.C.; sono altresì documentate quelle a maschera di Gorgone. Rimane, invece, isolata la bella antefissa a testa femminile, probabilmente una delle ninfe, compagne inseparabili dei Sileni.
Le aree sacre.
Numerose aree sacre si distribuiscono in età arcaica lungo i margini del perimetro urbano, formando una cintura sacra. Talune furono cancellate dall'impianto urbano di V secolo a.C., altre sopravvissero, come le due maggiori che, per l'estensione ed il numero di edifici, possono essere considerate dei veri e propri santuari.
Il santuario sud-occidentale.Occupa l'angolo sud-occidentale della città, in prossimità delle foci del torrente Santa Venera; le più antiche attestazioni del culto risalgono al VII secolo a.C. Racchiuso entro alle mura in tecnica poligonale in blocchi lavici, esso è collegato alla città attraverso un propileo ed un secondo, sul lato opposto, è in stretto rapporto con il litorale ed il mare.
All'interno, rimangono i resti di un sacello della fine del VII secolo a.C. sui quali, successivamente, forse a seguito di una distruttiva alluvione, venne edificato un edificio più grande (tempio B di m 38x16), decorato dal bel fregio plastico di ispirazione ionica con catena di fiori di loto e palmette. Appartengono invece ai primi decenni del VI secolo a.C. l'altare di tipo processionale ed i numerosi altarini che, costituiti da pietre accostate, gli fanno corona.
Coeve all'altare e prossime ad esso sono le due fornaci. Una circolare, per la cottura di ex voto, l'altra, rettangolare, per la cottura di grandi recipienti, ma anche di elementi di copertura (tegole e lastre architettoniche); esse soddisfacevano alle necessità del santuario.
L'abitato del V secolo a.C. Intorno al 475 a.C. una nuova città dall'impianto rigidamente geometrico viene edificata, annullando quella arcaica. Tale rifondazione è dalla gran parte degli studiosi attribuito a Ierone e agli avvenimenti che nei primi decenni del secolo rivoluzionarono gli equilibri politici e sociali della Sicilia greca; il nuovo assetto rigidamente geometrico, è modulare. Il coevo impianto di Himera, in Sicilia, e quello più tardo di Olinto, in Grecia, rappresentano i confronti più calzanti.
Lo spazio della città è scandito da tre assi stradali est-ovest, le platéiai A, B, C, tra loro diseguali nella larghezza, quella centrale (platéia A) notevolmente più ampia delle altre due (platèiai B e C). Tali assi sono tagliati ortogonalmente e all'intervallo costante di 39 metri da una serie di strade nord-sud, gli stenopòi, di medesima larghezza (5 metri) ad eccezione del VI da ovest, largo 6,40 metri, dimensione vicina a quella delle platèiai minori B e C. Questa rete stradale individua nella zona centrale i lunghi isolati di abitazioni delle dimensioni di metri 154-156x39.
Gli isolati comprendevano una quarantina di case che le recenti indagini hanno accertato essere dissimili per ampiezza e per planimetria. Rimangono per il momento senza riscontro le basi quadrangolari, che con medesime dimensione e posizione si attestano su ciascuno incrocio. Forse basi di altari, tali strutture, strettamente connesse agli isolati, evidenziano l'unitarietà progettuale ed esecutiva del nuovo piano urbano, rappresentando dei capisaldi per la misurazione e per la conseguente spartizione del suolo urbano; operazioni entrambe preliminari all'edificazione. E' questa città dalle larghe strade che verrà distrutta in modo radicale da Dionigi di Siracusa.