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La rete dei comitati antiborbonici in Sicilia

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Per scoprire le trame cospirative era oltremodo necessario riuscire a intercettare la  corrispondenza epistolare dei patrioti, poiché questo era il mezzo principale  attraverso cui l'estero entrava in Sicilia  e la Sicilia  arrivava all'estero. Le lettere, spesso accompagnate da notizie politiche, ritagli di giornali, materiale per la  propaganda, ecc., erano preziose fonti di informazione per i patrioti  e  per rendere sicura tale corrispondenza si utilizzavano diversi mezzi.

Originale conservato presso Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo
Originale conservato presso Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo

Chiaramente risultava più difficile l'ingresso che l'uscita della corrispondenza, perciò ci si serviva perfino della complicità dei Consolati stranieri o di individui riconosciuti come reazionari. Diffuso fu l'uso di pedoni e, nel caso di affari di particolare segretezza l'invio di emissari, i quali erano forniti di particolari segni di riconoscimento. Le lettere con contenuti particolarmente rilevanti venivano compilate attraverso l'uso di una  graticola, in altri casi si faceva uso dell'inchiostro simpatico, diffusissime erano poi le corrispondenze scritte a reticolo. Le difficoltà nella comunicazione non riuscirono  a isolare i cospiratori siciliani che continuarono a seguire gli avvenimenti politici italiani ed europei, ad adeguarsi ai cambiamenti in atto. Falliti tra il 1856 e il 1857 gli ultimi tentativi  insurrezionali democratici, non superato del tutto il pericolo rappresentato dall'avanzata del murattismo napoletano, si fece prepotentemente strada l'alternativa di una unificazione della penisola  italiana  sotto l'egida monarchica  piemontese. Tale idea, già accennata nel 1854 da Daniele Manin e veicolata poi da Giorgio Pallavicino, divenne concreta con la nascita nell'estate del 1857 della Società Nazionale italiana di Giuseppe La Farina. Il percorso di La Farina, con la creazioni di sottocomitati concentrati nell'Italia settentrionale e centrale e l'attivazione di varie altre iniziative, fu parallelo a quello del partito d'azione di Mazzini, il quale permanendo dentro le sue posizioni e perseverando nei suoi metodi, chiamò ancora una volta i seguaci isolani, attraverso il Comitato di Genova, alla fine del 1858  a costituire una speciale organizzazione, col titolo di Partito d'azione - Sezione Sicula, finalizzata all'iniziativa insurrezionale. Palermo rispose che, pur continuando nella missione con segreto lavorio in ogni comune per la propaganda e la preparazione di un'azione, dopo i fatti "incauti e disordinati" del Bentivegna considerava impossibile che  una iniziativa, che venisse da una sola provincia d'Italia e senza aiuti, potesse avere successo. Il 1859 fu sicuramente l'anno decisivo e di svolta. Nonostante che un democratico del calibro di Garibaldi, insieme a figure quali Bertani, Medici, Bixio, ecc., avesse aderito alla guerra del Piemonte e di Napoleone III, i democratici siciliani rimasero vicini al Mazzini. I siciliani Pilo e Crispi furono tra i sottoscrittori di una dichiarazione del 28 febbraio 1859, rivolta da Londra agli Italiani, nella quale Mazzini esplicitava che il timore maggiore dei repubblicani nei confronti dell'appoggio francese alla causa italiana, era l'eventuale impianto di una dinastia  di Murat nel regno di Napoli. L'improvvisa pace, con l'armistizio di Villafranca dell'11 luglio 1859, avvertita inizialmente come un tradimento dall'opinione pubblica italiana, fu in realtà il punto attorno a cui si ebbe la svolta poiché un Piemonte svincolato dalla Francia, anche per un repubblicano fermo, come Mazzini, si traduceva nella possibilità di accettare un programma monarchico. Mazzini scriveva adesso al Savoia: «Siate anche dittatore, purché facciasi l'unità d'Italia».  Conosciamo il grande fermento isolano durante  il periodo della guerra e delle annessioni, periodo in cui  continue furono le corrispondenze interne tra il ricostituito comitato segreto a Palermo e le provincie di spirito patriottico più intenso come Messina, Catania e Trapani. Era rinata la fiducia  e, come  scriveva il Comitato segreto a Cavour, i siciliani sentivano adesso vivamente nel loro cuore di essere "Italiani". Delle sottoscrizioni si aprirono in favore del Piemonte; pubbliche illuminazioni per festeggiare le vittorie piemontesi si organizzarono a Messina e Palermo.
Malgrado le benevole concessioni del giovane Francesco II - tra le quali si cita per importanza il decreto 16 giugno 1859, col quale veniva consentito a 137 esuli politici di rientrare nell'isola e, ai rimanenti non graziati, di poter comunque sperare dietro supplica nel rimpatrio - l'opinione pubblica si mostrava poco vicina al Borbone. Lo spirito rivoluzionario si era propagato e, come scriveva un patriota, la concordia e l'unione di tutti cittadini avevano isolato completamente il governo. In luglio Mazzini riteneva essere giunto il momento di verificare le condizioni dell'isola per un eventuale movimento e inviava a tale scopo Crispi, il quale partito il 16 da Londra, fermatosi a Marsiglia da Bagnasco e a Genova dai fratelli Orlando, toccate Civitavecchia e Napoli, giunse il 26 a Messina, dove ebbe contatti con diversi patrioti e con i membri del comitato locale, riscuotendo perfino una cambiale. Il 3 agosto riprese il viaggio toccando Catania e diversi paesi dell'interno isolano, giungendo il 19 a Palermo. Lasciatala, ripercorse di nuovo l'isola fermandosi dei maggiori centri per poi proseguire per Malta, Marsiglia, Lione, Torino, Genova, Livorno e Firenze. In quest'ultima città rivedeva Mazzini prima di recarsi in Settembre a Modena, dove avrebbe incontrato Nicola Fabrizi. Venne qui raggiunto da una lettera da Palermo e da un telegramma di Giorgio Tamaio da Malta, il quale lo invitava a trovarsi il 12 ottobre, giorno fissato per un movimento, in Sicilia. Crispi ripartì e giunto a Messina il 10 notte, venne informato del differimento dell'azione. Intanto, non contento di tale risoluzione, un gruppo di patrioti di Bagheria decise di insorgere lo stesso; l'azione fu deleteria, con conseguenze pesanti, un rigoroso disarmo della città di Palermo e molti arresti. L'episodio non riuscì comunque a frenare l'agitazione isolana e la cospirazione, sempre attiva a Palermo, riusciva ad attentare alla vita di Maniscalco e a riempire persino il suo mantello, durante una festa, di proclami rivoluzionari.
Fondamentale fu l'incontro tra Crispi e Carlo Farini per la definizione concreta di un movimento nelle regioni meridionali d'Italia per la realizzazione dell'unità nazionale coll'utilizzo dei volontari in Sicilia. Già nel Marzo del 1860 i comitati interni siciliani si dichiaravano pronti a secondare il progetto, preannunciato da Crispi, di una insurrezione da attuarsi tra il 3 e l'8 aprile, la quale doveva essere capeggiata da due individui che sarebbero sbarcati in un punto ben definito dell'isola: Rosolino Pilo e Giovanni Corrao.  Impaziente, il Comitato palermitano, che da poco aveva accolto nella cospirazione il fervente Francesco Riso, volle stabilire da sé l'inizio della rivolta invitando Messina ad informarne Mazzini e Fabrizi. Le voci di un imminente tumulto erano giunte anche a Napoli, dove si trovava in quel momento il Luogotenente Castelcicala. Nell'isola correvano proclami che annunciavano il sostegno piemontese e l'aiuto di Garibaldi; in questa calda atmosfera  si aprirono a Palermo, nella notte tra il 3 e il 4 aprile, i fuochi della rivolta. La spedizione garibaldina, dopo Villafranca sostenuta anche dai democratici mazziniani, fu prontamente attivata.
La spedizione non colse, dunque, impreparata l'opinione pubblica siciliana, che già da tempo aveva iniziato a guardare al liberale Piemonte e, soprattutto al suo Sovrano, quale concreta soluzione al problema dell'isola unitamente a quello italiano.

M.G.P.
 

Principale bibliografia di riferimento:

- Berti G., I democratici e l'iniziativa meridionale nel Risorgimento, Milano, 1962;
- Casanova E., Il Comitato centrale siciliano di Palermo(1849-1852), in «Rassegna Storica del Risorgimento»,  fasc. II, anno 1925; fasc. I-III-IV, anno 1926;
- Della Peruta F., La spedizione dei Mille nella prospettiva dell'«iniziativa meridionale», in «Archivio storico siciliano», serie IV, vol. XXVII, fasc. II, Palermo, 2001;
- Morelli E., I dieci anni che fecero l'Italia, Firenze, 1977;
- Sansone A., Cospirazioni e rivolte di Francesco Bentivegna e compagni, Palermo, 1891;
- Sansone A., La Sicilia dal 1849 al 1860, in «Archivio storico siciliano», n.s, anno L, Palermo, 1930;
- Villari L., Bella e perduta. L'Italia del Risorgimento, Roma-Bari, 2009.