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GIOVAN LUCA VON MECHEL, (Basilea 1807-1873)

Al centro,Von Mechel con alcuni militari del battaglione dei Carabinieri leggeri

All'età di 19 anni entra in un reggimento svizzero al servizio dei francesi con il grado di Sottotenente, e successivamente è di leva nella Milizia Cantonale Elvetica.
Dal 1847 al 1849 diventa Governatore della piazza della sua città natale, e l'anno successivo viene ingaggiato come Capitano aiutante maggiore nel 13° Battaglione Cacciatori, voluto da Ferdinando II in aggiunta ai 4 reggimenti Esteri, presenti nel Regno a partire dal 1826. Nel 1852 è promosso Tenente Colonnello e ottiene il comando del battaglione svizzero. Quando, nel 1859, dopo la "rivolta delle bandiere" (clicca qui per leggerne la storia), il nuovo re Francesco II decreta lo scioglimento dei reggimenti Esteri, è proprio Von Mechel, che aveva preso parte alla repressione del moto (clicca qui per leggere il suo Memoriale inedito di quei giorni), a farsi promotore di un progetto per la costituzione di 3 battaglioni sostitutivi: due di Carabinieri Leggeri e uno di Carabinieri Cacciatori - ai quali viene poi aggiunta una batteria di Artiglieria leggera - che vengono posti sotto il suo comando. I corpi partecipano attivamente alla difesa della Sicilia dopo lo sbarco di Garibaldi, e proprio in quella circostanza Von Mechel dimostra il suo valore militare, nonché la forte tempra morale che lo contraddistingue.
Di fronte alle incertezze del comando borbonico, è lui ad insistere violentemente affinché a Garibaldi sia opposta una strenua resistenza sul campo. Per questo motivo, subito dopo la sconfitta di Calatafimi, viene inviato a presidiare l'accesso a Palermo, sulla strada di Monreale. All'incontro con la colonna guidata da Rosolino Pilo, Von Mechel dà il via ad un'agguerrita offensiva, che provoca la morte del rivoluzionario e la necessità, per Garibaldi, di dover ripensare per intero le strategie di conquista della capitale siciliana.
Enorme è la rabbia dello svizzero quando si accorge che il nuovo piano di quel brigante prevede una beffa al suo indirizzo; dopo aver intrapreso una marcia verso sud, Garibaldi si è infatti diretto di soppiatto verso Palermo da Marineo, riuscendo ad eludere i reggimenti di Von Mechel, convinti di raggiungerlo a Corleone: giunti a destinazione, vi hanno trovato invece "solo" le truppe di Orsini, e dopo averle sbaragliate si sono diretti in tutta fretta verso Palermo, adesso assediata dai Mille. Mentre avanza, furioso, verso la capitale, Von Mechel non può immaginare che, dopo giorni di duri scontri armati, il comando borbonico ha deciso di chiedere un armistizio, che Garibaldi (a corto di munizioni) si è affrettato a concedere.  È così che lo svizzero approda in una città devastata e tacita, riuscendo a sbaragliare una squadra di picciotti in prossimità della Fieravecchia e continuando la sua marcia forsennata verso il centro. Viene bloccato, però, da due ufficiali borbonici, che lo informano della sospensione dei combattimenti. Il generale rifiuta categoricamente di cedere le armi: è quanto mai pronto e risoluto a battersi, e non accetta la pavida rassegnazione dei suoi superiori. Solo un intervento del generale Lanza riesce, infine, a convincerlo della necessità di non riprendere il fuoco: si tratta, comunque, di una pesante rinuncia, che finisce per sancire la perdita definitiva della capitale, consegnata agli insorti il 6 giugno. Von Mechel è furibondo: rompe la sciabola e inveisce contro il Luogotenente, poi s'imbarca alla volta di Napoli insieme ai suoi uomini.
Il generale resta nella capitale per diversi mesi, e da lì apprende dell'arrivo dei garibaldini sul continente. Immediatamente, progetta assieme a Francesco II una strategia di guerra che prevede lo scontro aperto con i "rossi" a Salerno: quel piano, tuttavia, viene modificato pochi attimi prima della partenza, e lo svizzero deve recarsi invece sul Volturno. A Maddaloni, frustrato dai temporeggiamenti degli alti comandi, decide di agire di sua iniziativa, mandando le truppe allo sbaraglio, con il risultato di una pesante sconfitta. Ancora determinato a combattere, l'ufficiale si porta sul Garigliano, dove il 26 ottobre riceve l'ordine di proteggere la ritirata dell'esercito borbonico.
Lascia Gaeta il 2 dicembre 1860, per recarsi a Roma, con l'incarico di occuparsi dello scioglimento dei corpi Esteri e del loro rimpatrio. Conclusa la sua ultima missione, ritorna nella sua Basilea, dove si spegne nel 1873.

                               S.A.G.
 

Principale bibliografia di riferimento:

- Battaglini T., L'organizzazione militare del Regno delle Due Sicilie. Da Carlo III all'impresa garibaldina, Società Tipografica Modenese, Modena 1940;
- Garnier C., Diario dell'Assedio di Gaeta, Ed. Luigi Regina, Napoli 1971;
- Selvaggi R., Nomi e volti di un esercito dimenticato. Gli ufficiali dell'esercito napoletano del 1860-61, Grimaldi e C. Editori, Napoli 1990;