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JESSIE WHITE MARIO (Gosport, Portsmouth 1832 - Firenze 1906)

Scrittrice, giornalista, sostenitrice convinta di Mazzini e di Garibaldi, ai quali fu sempre vicinissima, fu protagonista indiscussa e animatrice indefessa del Risorgimento italiano, nonostante la sua nazionalità inglese. Partecipò infatti attivamente, sia da sola sia con il marito Alberto Mario, alle lotte per l'indipendenza e l'unità di Italia e a tutte le campagne garibaldine, aderendo profondamente agli ideali mazziniani, ai quali restò fedele fino alla fine della sua esistenza. Contemporaneamente diede un forte contributo, con i suoi scritti e le sue conferenze (tenute in Inghilterra e negli Usa), alla diffusione nell'opinione pubblica europea e americana di un moto di forte simpatia e di adesione sentita alle vicende patriottiche della penisola italiana. A lei personalmente consegnò il suo diario e il suo testamento politico Carlo Pisacane in procinto di partire per Sapri, dove troverà la morte.
Tra le molte biografie scritte da Jessie sui protagonisti di quella stagione memorabile (tra cui quelle dedicate a Mazzini, Bertani e al marito stesso, Alberto Mario) un posto di primo piano merita la Vita di Giuseppe Garibaldi, in due volumi, pubblicata per la casa editrice Treves nel 1882, subito dopo la morte del generale nizzardo. L'opera, dal forte tono celebrativo, conobbe un vastissimo successo di pubblico, venne tradotta in diverse lingue, fu ristampata più volte, contribuendo alla costruzione del mito di Garibaldi come eroe incurante del pericolo che tutto aveva sacrificato alla patria e alla libertà, dalla grande umanità e sensibilità nei confronti degli sconfitti, circondato da una forte aurea sacrale, simbolo di quella religiosità laica e civile che era parte stessa del fascino del generale, come ha sottolineato la studiosa inglese Lucy Riall. Nello scritto, inoltre, un'attenzione particolare viene assegnata proprio alla ricostruzione storica della spedizione dei Mille, la cui paternità è senza alcuna ombra di  dubbio attribuita al contributo e al sacrificio personale di Rosolino Pilo, contro la pretesa di La Farina di ascriversene i meriti. 
Non potendo essere, fin dal primo momento, dei Mille in partenza da Quarto, perché esule in Svizzera, si unì con Alberto alla seconda spedizione, quella condotta da Giacomo Medici, che giunse in Sicilia nel giugno del 1860, a bordo della nave Washington, portando in soccorso del generale altre centinaia di volontari, medici, infermieri, medicine, armi, munizioni necessari per continuare l'avanzata nell'isola.
Subito si impegnò, come aveva fatto già nelle precedenti campagne militari di Garibaldi, come infermiera (avrebbe voluto fare il medico, ma in Gran Bretagna l'accesso alle università per questa disciplina era precluso alle donne) negli ospedali allestiti nei conventi e nel sevizio delle ambulanze da campo che seguivano, già allora, gli spostamenti delle truppe per garantire soccorso e cure immediati ai feriti, mentre al marito venne affidato il compito di organizzare a Palermo l'Istituto militare Garibaldi. Proprio nella veste di infermiera fu presente in tutti i luoghi teatri dello scontro militare, da Palermo fino al Volturno, ovunque portando il suo contributo fattivo e determinante. Anche dalle lettere di alcuni volontari, citate dalla Riall e pubblicate a cura di Menghini già nel 1907, emerge lo straordinario impegno umanitario della donna, definita «l'angelo consolatore degli ammalati», capace di offrire «quella cura che si potrebbe dire materna, che raramente si trova lontano dalle proprie famiglie».
La sua presenza a fianco di Garibaldi non venne meno neanche negli anni successivi, fino al 1870, quando seguì il generale in Francia, a sostegno della Comune parigina. Nel frattempo però le differenti posizioni ideologiche l'avevano allontanata dal marito Alberto, convinto autonomista,  che era ritornato a vivere a Lendinara. A lui rimase comunque sempre molto legata e i due si riavvicinarono poco prima della morte dell'uomo, avvenuta nel 1883.
Jessie trascorse gli ultimi anni della propria esistenza, a Firenze, in ristrettezze economiche. Lì morì nel 1906, continuando sempre a collaborare con riviste e giornali stranieri e italiani, mentre attendeva alla scrittura di un'opera dedicata alla storia dell'unificazione italiana, pubblicata postuma con il titolo The birth of Modern Italy, che costituì ancora una volta un grande successo editoriale.
Volle essere cremata e ora le sue ceneri riposano a Lendinara, accanto alla tomba del marito.

T.G.