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VINCENZO CICCOLO-RINALDI (Messina, 8 maggio 1801 - 8 luglio 1874)

Prese possesso della diocesi di Trapani il 23 ottobre 1853. Come era frequente tra i vescovi isolani, rivolse particolare cura al seminario, che riuscì a trasferire in locali attigui all'episcopio acquistati appositamente da Ferdinando II (1859).
Il suo percorso umano e pastorale fu particolarmente travagliato incrociandosi con gli eventi che stavano per cambiare la storia d'Italia. Nel 1858, dovette assentarsi temporaneamente dalla sua diocesi, perché eletto al prestigioso incarico di Giudice della Monarchia ed Apostolica Legazia, incarico al quale però rinunciò facendo ritorno a Trapani proprio durante i moti rivoluzionari del 1860. Le ricostruzioni di parte cattolica ci parlano di una figura quasi eroica, capace di difendere la vita e l'incolumità dei rivoltosi. Così, quando il 4 aprile il capitano della fregata regia intimava la consegna dei capi della rivolta, minacciando la distruzione della città, il Ciccolo-Rinaldi pare sfidasse il Delegato regio, generale Letizia, dicendogli: «Voi percuotete gli innocenti e me con essi! Morrò piuttosto coi miei figli anziché abbandonarli nel supremo pericolo». Fatto sta che poco più tardi, il vescovo, accusato di collaborazionismo con i borbonici, a furor di popolo, fu costretto ad abbandonare Trapani. Provò a rientrare nel 1863, ma le manifestazioni di ostilità e l'azione del prefetto lo costrinsero a desistere; rientrò ancora nel 1864, ma si innescarono feroci polemiche da parte sua e dei suoi avversari. Il suo definitivo reingresso in diocesi, avvenne pertanto solo nel 1866.
Nel 1856 mons. Ciccolo-Rinaldi aveva chiamato ad insegnare Lettere nel seminario vescovile Vito Pappalardo, un prete liberale molto attivo sia nel campo pratico che in quello dottrinale, protagonista a Castelvetrano dei moti del 1848, il quale, nel 1849, era stato incarcerato dalla polizia borbonica. Il gesto del vescovo fu certamente coraggioso, ma parte delle polemiche successive che dovette affrontare furono proprio dovute alle contese teologiche con quell'illustre prete liberale che si scagliava contro il potere temporale del papa.
Nel 1860, alla presenza del vescovo, il Pappalardo tenne un' omelia contro la validità delle scomuniche pontificie, dando poi alle stampe la Risoluzione sopra la validità delle scomuniche, traduzione di un testo di Giovanni Gerson, teologo del XIV secolo. Il Ciccolo-Rinaldi reagì con la pastorale del 30 agosto 1860, in cui si mettevano in guardia i fedeli dalle idee che avrebbero potuto inquinare la religione cattolica e proibì la lettura delle Risoluzioni. Nel n. 42 de L'Annessione, il presule di Trapani fu allora accusato di borbonismo, con tutte le conseguenze che questa accusa poteva comportare in momenti tanto concitati, mentre il periodico Religione e Patria lo difese scrivendo che si trattava di un'accusa destituita di fondamento.
Intanto il liberalismo cattolico così diffuso in diocesi, rischiava di sconfinare nel protestantesimo che cominciava a fare alcuni proseliti anche nella diocesi trapanese.
Questo il quadro nel quale si devono iscrivere le posizioni spesso reazionarie di Ciccolo-Rinaldi.
Morì l'8 luglio 1874.

M. L.

Principale bibliografia di riferimento:

- Giaquinto F. , La diocesi di Trapani ne' suoi cent'anni, Trapani 1945;
- Serraino M. , Trapani nella vita civile e religiosa, Trapani, 1968.