L'area archeologica di Palikè, sede del santuario più importante della popolazione sicula, è regolarmente aperta al pubblico dal gennaio 2006. Il sito dispone di un Antiquarium con sala espositiva che presenta una selezione dei materiali rinvenuti (fig.3), di una saletta didattica e di supporti audiovisivi. Presso l'area si svolgono attività didattiche che comprendono lezioni frontali e, attraverso progetti specifici, attività pratiche come survey, esercitazioni di scavo (fig.4), schedatura e archeologia sperimentale.
La creazione dell'area archeologica ha permesso anche di salvaguardare la flora e la fauna dell'area che sono di particolare interesse e che comprendono fra le piante orchidee selvatiche asfodeli, asparagi, zafaranastro giallo e fra gli animali upupe, volpi, etc. L'altura basaltica di Rocchicella (fig.5) si innalza nella valle del Margi in quello che nell'antichità era il cuore del territorio dei Siculi. L'area era famosa nell'antichità in quanto sede del santuario dei fratelli Palici, figli di Zeus e della ninfa Talea. Tale culto, fra i più venerati dalle popolazioni locali, aveva come fulcro una serie di laghetti caratterizzati da alti getti d'acqua dovuti alla presenza di anidride carbonica. I laghetti (fig.6), chiamati di Naftia a partire dall'età medievale, sono adesso scomparsi dopo le bonifiche agricole e le trasformazioni industriali degli ultimi sessanta anni.
Gli scavi effettuati a partire dal 1995 dalla Soprintendenza BB.CC. AA. di Catania, con fondi a partecipazione comunitaria, hanno permesso di indagare sulla sommità di Rocchicella i resti di una città databile al IV sec.a.C. e hanno individuato davanti la grotta che si apre ai piedi dell'altura strutture architettoniche, in gran parte attribuibili al santuario, e livelli antropizzati databili ad un periodo compreso tra il paleo-mesolitico e l'età sveva (fig.7). Rocchicella è stata abitata fin dai tempi più remoti. Strumenti in selce utilizzati nella caccia e in altre attività di sussistenza insieme a numerose ossa animali di bos primigenius, cervus elaphus ed equus hidruntinus sono stati trovati in due saggi di approfondimento, adesso ricolmati, aperti nell'area davanti la grotta. Tali materiali forniscono preziose informazioni sulle tribù di cacciatori che intorno al X millennio a. C. vivevano presso l'accogliente grotta in un ambiente profondamente diverso dall'attuale.
Ad età neolitica (VI-V millennio a.C.) sono databili due piattaforme in terracotta, un focolare ed alcune macine rinvenute davanti la grotta (fig.8). Al di sopra di questi livelli si è rinvenuta una capanna, databile intorno al 2000 a.C, della quale si è conservato parte del muretto perimetrale. Le tombe a grotticella artificiale evidenti sulle pareti rocciose ai lati della grotta sono databili alla tarda età del bronzo (XIII-XI sec.a.C.) Sentieri e scale intagliati nella roccia collegano le diverse grotticelle che sono per lo più a pianta circolare e con sezione conica.
All'età arcaica (VII-VI sec. a.C.) appartengono le più antiche strutture murarie che possiamo con una certa sicurezza attribuire al santuario visibili al centro dell'area davanti la grotta. Si tratta di due edifici paralleli di pianta e dimensioni simili e di una struttura a due ambienti che conserva parte di una pavimentazione in lastre litiche. (fig.9)
Intorno alla metà del V sec.a.C. nell'area davanti la grotta viene realizzata una monumentale sistemazione a terrazze che comprende nel punto più alto un hestiaterion (edificio per banchetti) e nelle terrazze inferiori due stoai (portici con locali di servizio).
L'hestiaterion (fig.10) è a pianta rettangolare con quattro stanze laterali destinate ad ospitare i banchetti e tre stanze più piccole in fondo, tutte disposte attorno ad un ambiente centrale aperto sul lato meridionale attraverso un ingresso monumentale con gradino. Tracce di lavorazione ben visibili sui blocchi squadrati in pietra calcarea sono segno della presenza durante la costruzione di questo edificio di maestranze che conoscevano bene le tecniche dell'architettura greca. Lo studio dei resti dell'edificio ha permesso di ipotizzare una ricostruzione in realtà virtuale della struttura realizzata dalla Lerning Sites inc.(fig.11)
Nella grande stanza centrale della stoà B, (fig.12) visibile su un terrazzo inferiore, si sono rinvenuti pentole e vasellame connessi alla preparazione dei banchetti che si svolgevano nell'hestiaterion e, in un settore delimitato da un muretto in mattoni crudi, un bothros (pozzetto votivo) contenente coppe a vernice nera e ossa animali. (fig.13)
La sistemazione monumentale dell'area davanti la grotta fa parte di un unico disegno urbanistico che dimostra una precisa volontà di valorizzare il temenos dei Palici probabilmente da attribuire a Ducezio. Ducezio, originario della vicina Menainon, proveniva da una eminente famiglia sicula e riuscì a formare una lega di città sicule in funzione antisiracusana che faceva capo probabilmente proprio al santuario dei Palici presso il quale Ducezio fondò la città di Palikè. Dopo alcune iniziali vittorie Ducezio fu sconfitto, la sua capitale fu distrutta e il suo breve "regno" finì.
I resti di Palikè presenti sull'altura delimitati da un muro di cinta in tecnica a telaio (fig.14) sono databili al IV sec. a.C. e appaiono come una frettolosa ricostruzione seguita ad una violenta distruzione di quella che doveva essere la Palikè di Ducezio della quale viene mantenuto l'impianto urbanistico regolare.
Una continuità di utilizzo dell'area davanti la grotta in età romana è documentata dalle tracce di almeno due restauri dell'hestiaterion nella prima e media età imperiale. Radicale appare invece la trasformazione dell'edificio nel III sec. d.C. quando in una delle stanze viene impiantato un mulino. Questo momento indica la fine dell'area come pubblica e certamente la fine del santuario.
Bibliografia
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L. Bernabò Brea, Palikè Giacimento paleolitico e abitato neolitico ed eneo, in Bullettino di Paletnologia Italiana, 16, 1965, pp.23-46;
L. Maniscalco, Rocchicella in Le ceramiche impresse nel Neolitico Antico. Italia e Mediterraneo a cura di M.A. Fugazzola Delpino, A Pessina, V. Tinè Roma 2002, pp.737-743.
Maniscalco L. 2005. Il Neolitico in Sicilia come appare a Rocchicella di Mineo, in Papers in Italian Archaeology VI, II, BAR Int. Ser. pp.535-540.
L.Maniscalco, B. McConnell, Ricerche e scavi attorno Palikè, in Kokalos, 43-44, 1997-98, pp.173-188;
L.Maniscalco, B. McConnell , The Sanctuary of the Divine Palikoi (Rocchicella di Mineo, Sicily): Fieldwork from 1995 to 2001 in American Journal of Archaeology 107 (2003) pp.145-180.